Il matrimonio tra Shiva e Pārvatī come tutti i matrimoni, non è semplice. Per quanto Shiva ami profondamente Pārvatī, come Maheśvara passa eoni in meditazione e per Pārvatī non è sempre facile rimanere ad attendere il ritorno del marito e inizia a soffrire di solitudine. Un giorno decide di volere un figlio e mentre si fa un lussuoso bagno con olii ed essenze profumate, si toglie un po' della pasta di olio di sandalo e gelsomino che aveva applicato sul suo corpo e impastandola in una sostanza simile all'argilla, modella la forma di un bellissimo bambino. Poi soffia il Prāna in lui con il suo stesso respiro e gli dona la vita.
Pārvatī è felicissima. Non solo è la madre di tutta la creazione, ma ora ha realizzato il suo desiderio di creare con un figlio tutto suo. Un giorno, non volendo essere disturbata nelle sue stanze, chiede al fanciullo di mettersi a guardia della porta. Proprio quel giorno Shiva esce dalla lunga meditazione e, desiderando ardentemente rivedere la sua bella moglie, si reca a casa e si accinge ad entrare nelle stanze della moglie quando il ragazzo gli sbarra la strada. "Forse il ragazzo non mi conosce", pensa Shiva, e così spiega al ragazzo che è il marito di Pārvatī. Ma il ragazzo non lo lascia comunque entrare. “Mia madre mi ha incaricato di non far entrare nessuno. Sto obbedendo al suo comando”. Shiva, colpito da un accesso d’ira come suo solito, si scaglia su di lui tagliandogli la testa di netto. Pārvatī, sentendo il trambusto, apre la porta. Vedendo il ragazzo sdraiato a terra senza vita, dice arrabbiatissima a Shiva che è loro figlio e chiede che venga riportato in vita.
Shiva riesce a calmarla e ordina alle sue moltitudini celesti, i ganas, di portargli la testa del primo essere vivente che avessero incontrato. E capita per primo un elefante; la testa decapitata del pachiderma viene posta sul corpo del ragazzo ed egli ritorna in vita. Gli fu allora imposto da Shiva il nome Ganapathi, o capo delle schiere celesti, concedendogli che chiunque lo adorasse prima di iniziare qualsiasi attività venisse favorito.
Ogni elemento del corpo di Ganesh ha una sua valenza e un suo proprio significato:
la testa d'elefante indica intelligenza e potere discriminante;
l'unica zanna (e l'altra spezzata) indica la capacità di superare ogni dualismo;
le larghe orecchie denotano capacità di ascolto e di riflessione;
la proboscide ricurva sta a indicare la facoltà di discriminazione tra reale e irreale;
il ventre obeso contiene infiniti universi e rappresenta la capacità di assimilare qualsiasi esperienza ;
la gamba che poggia a terra e quella sollevata indicano l'atteggiamento che si dovrebbe assumere partecipando alla realtà materiale e a quella spirituale, ovvero la capacità di vivere nel mondo senza essere del mondo.
Ganesh, come quasi tutte le divinità è rappresentato con quattro braccia.
In una brandisce un'accetta, con il quale taglia e respinge gli ostacoli; l'accetta simboleggia il taglio o la eliminazione di ciò che è indesiderato nella pratica.
Nella seconda mano stringe un lazo e un fiore di loto (padma) simbolo della forza che lega il devoto all'eterna beatitudine del Sé;
La terza mano é sollevata in abhaya mudrā, il gesto che concede benedizioni e dissipa le paure. È anche simbolo della concessione di rifugio e protezione.
La quarta mano tiene un piatto di dolci, che simboleggiano l'abbondanza.
Nelle scritture indiane, tutte le divinità sono raffigurate con un vāhana, "veicolo". Vāhana significa letteralmente "ciò che porta", e le divinità usano questo mezzo per passare da un regno all'altro. Il vāhana è di solito un animale o un uccello. Mūshaka, "il topo", è il vāhana di Ganapathi, ed è raffigurato come seduto ai suoi piedi.
Come veicolo di Ganesh, il topo rappresenta la mente con tutti i suoi desideri e sempre costantemente in movimento. Ganesh, cavalcando il topo, diviene padrone (e non schiavo) della mente, indicando il potere dell'intelletto e della discriminazione.
Ganaphati è venerato come la divinità delle lettere e delle scritture. La leggenda afferma che, usando la propria zanna come penna, ha scritto la più grande epopea dell'India, il Mahabharata.
Ganesh rappresenta quell'aspetto della coscienza che aiuta a muoverci attraverso ostacoli e blocchi nella vita. E’, non a caso, rappresentato con la testa di elefante, animale pacifico, tranquillo ma inesorabile nel suo cammino, e se necessario sa distruggere tutto ciò che si trova davanti.
Simboleggia anche la capacità discriminativa che permette di distinguere tra verità e illusione, tra reale e irreale.
Comentários